sabato 22 marzo 2008

Sotto la città, Arnaldur Indridason

Un buon romanzo giallo. Più romanzo, che giallo.
Ben costruito, serrato e stringente. Niente di superfluo, ridondante, ammiccante (in pratica, quello che si richiede ad un buon romanzo e che è così difficile da trovare). Ricorda un po' le atmosfere (narrative e psicologiche) di Mankell ma non altrettanto memorabile.
Muore, ucciso di morte violenta, un uomo che risulta essere una persona rivoltante. Un violento, uno stupratore. Uno che anche involontariamente semina il male. La sua morte riporta in superficie e fa esplodere ricordi dimenticati, orrori sopiti. Ci si interroga sulla paternità (la maternità è molto presente ma in modo sommesso), sulle sue aberrazioni, sulla sua generosità, sulla sua capacità di trasformare le persone, in bene ed in male. In questa caccia alla verità, perchè e chi ha ucciso, c'è un elemento nascosto, l'elemento che ha scatenato la tragedia: la genetica. Conoscere il passato mai come in questo caso determina (la conoscenza de) il futuro. E' bene? E' male?
Il romanzo non dà risposte.
Nota: le informazioni di copertina anche in questo libro, come in tanti altri, sono assolutamente fuorvianti. Fanno pensare ad atmosfere torbide, ricercatori pazzi, "una città sconosciuta e sommersa", la Città dei Barattoli.... ebbene, niente di tutto questo.
Nota2: i nomi islandesi creano uno strano effetto all'inizio, poichè non si capisce mai se si tratta di uomini o donne: Sigurdur, Audur, Erlendur, Kolbrun, Ellidi, Elinborg. 3 maschi e 3 femmine. Quali?

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